IAnna Ferrari già durante gli anni universitari comincia a frequentare l’editoria, aprendo uno studio con una disegnatrice e collaborando a molte pubblicazioni per il “Corriere dei Piccoli”. Laureatasi in Lingue e letterature straniere magna cum laude, specializzandosi in russo e inglese, inizia a insegnare e prende parte a corsi di specializzazione all’estero, a Mosca e Londra. Da queste esperienze nasce la sua inesauribile passione per la letteratura tutta, ma, in particolar modo, quelle di cui conosce a fondo la lingua. La sua curiosità e la sete di esperienze nuove la portano a cimentarsi su diversi fronti: correttore di bozze e redattore esterno per Zanichelli, traduzioni dal russo e dall’inglese, curatrice di una collana di narrativa per Le Monnier per circa cinque anni, consulente editoriale e ghost writer. L’esperienza più preziosa di questi anni, soprattutto quella di curatrice, ha arricchito la sua narrativa, e soprattutto ha conosciuto da vicino il mondo dei lettori. Collabora come editor di varia con Mondadori, scrive testi scolastici, in inglese e italiano, e un romanzo per ragazzi, La casa nel nocciolo. Nel 2020 pubblica il suo romanzo Insondabile destino che una lettrice definisce così: “È un libro sensazionale, coinvolgente sotto ogni punto di vista…Una storia struggente e emozionante in ogni pagina…Mi è piaciuto in modo indescrivibile…”. Anna Ferrari legge accanitamente in tutti i momenti che strappa alla scrittura, aspetto fondamentale della sua vita. Adora i romanzi, soprattutto quelli dell’Ottocento, i racconti di R. Carver, Flannery O’ Connol, Alice Munro, i gialli del mistero, primo fra tutti E. A. Poe. Conosce a menadito la cultura celtica, ed è specialista in mitologie e fiabe, alle quali si è avvicinata tramite i testi di V. Propp, i formalisti russi e B. Betteheilm. Trova estremamente rilassante circondarsi di piante e averne cura; non potrebbe vivere senza Hazel e Tilly, i suoi “angeli pelosi” che, da quando sono entrati nella sua vita, la dominano, e, soprattutto Hazel, è diventato la sua Musa, quando Anna Ferrari si incammina senza meta nel parco. Compagni e alleati da sempre nella sua vita sono suo marito e suo figlio.

 

Fare il bilancio del nostro cammino interiore: consigli e stratagemmi

È possibile insegnare il rapporto con sé stessi? È possibile incasellare le crescite, o le perdite, spirituali nel nostro bilancio di fine anno?

Un punto di vista autorevole dall’autrice di Un libro per guarire. Quando leggere cura l’anima.

Sognalo, ma poi definitivamente fallo! fallo!

Saggi consigli

Pensieri di fine anno

Siamo agli sgoccioli del 2021, dodici mesi per molti da dimenticare, in generale vissuti sottotono e in tensione. Di solito in questo periodo sui media, sui social, nei dibattiti televisivi, negli editoriali si parla molto dei bilanci di fine anno, di fare i conti con l’anno passato, si afferma che è necessario tirare le somme. Questo dicembre è particolarmente votato a tali operazioni, penso per una forma di scaramanzia, o per credere di poter controllare eventi così enormi come la pandemia, o le crisi finanziarie, o le morti di cui non sappiamo niente.

Una tale profusione di pensieri non mi ha lasciato indenne, anch’io mi sono domandata se fosse il caso di fare un bilancio.

Usare la matematica per misurare lo spirito

In realtà, ho sempre trovato questo modo di esprimersi con metafore matematiche limitato e perfezionista, un metodo che vuole sempre trovare una ratio, una ragione (dal latino), impacchettare per bene i risultati di modo che si possano poi usare e divulgare, magari cercando anche di suggerire metodi più o meno “brillanti” e “di successo”. Questa maniera di pensare ottiene sempre risultati contabili: 2 + 2 fa 4.

Per esperienza, invece, so che a volte si ottiene 5, altre che il risultato è 3. In questo tipo di operazioni (la cultura occidentale adora la matematica!) non ho mai trovato un calcolo perfetto. Nonostante abbia preso tutte le precauzioni e seguito i tanti consigli (colonna più, o pros, o positivo; colonna meno, o cons, o negativo), c’era qualcosa che sempre sfuggiva, e tuttora sfugge. Una colonna è sproporzionatamente diversa dall’altra, e nessuna riesce a contenere tutto, alcuni elementi vanno fuori dai margini, o sopra, o si estendono da una colonna all’altra, o ancora si scrivono con il rimando degli asterischi. Insomma, non ci si capisce niente.

La conclusione che ne ho tratto è che, quando dobbiamo o vogliamo affrontare questo tipo di situazioni, è vitale usare un metro (!) di catalogazione differente.

Forse, serve un metro differente

un foglietto di carta appeso con un consiglio di vita

Vivere pienamente

Non sono mai stata una grande fan di questi bilanci, perché come persona non mi va di prendermi le misure, in nessun senso, preferisco riflettere sui processi, e non in momenti prestabiliti, ma in quelli a me consoni.

Questo anno, però, è diverso (e mi auguro che svanisca per lasciare il posto a un anno che sia perlomeno anch’esso diverso), ed è forse il caso che mi scontri con la mia matematica, perché mi trovo di fronte uno dei tanti bivi della mia vita, con la caratteristica però che questo giunge quando molta vita è stata vissuta, quindi è carico di ansia, e in gioco c’è la mia felicità, e quella di coloro che amo.

Quando fai il salto, meglio usare il paracadute

Oggi ho maturato la consapevolezza che se decido di fare il salto, è meglio che abbia un paracadute, anche un salvagente-paperella va bene; farlo senza nessuna protezione mi ha destabilizzato profondamente; perciò, questa volta vorrei seguire una strada più piana e confortevole. Ecco perché sono qui con i miei bilanci: spero di mettere una rete di protezione tra me e la sponda su cui devo, e voglio atterrare.

Nei registri di entrate e uscite non ci sono caselle per i sentimenti, le crescite o le sconfitte interiori, le conquiste e le perdite affrontate dalla nostra anima, la comparsa di una nuova è più chiara consapevolezza, le decisioni che prendiamo sul nostro comportamento, le nuove priorità, la gioia, il dolore, la tristezza, l’esaltazione, la mistica dell’abbandono.

Non lo voglio dunque chiamare bilancio.  Le misurazioni, le valutazioni (sapete suggerirmi altri termini non matematici? Non esistono. Abbiamo davvero paura della nostra irrazionalità!) le misurazioni, dunque, sono troppo personali e soggettive. E allora? Dialogo con me stessa? Introiezione? Riflessione?

Non vale la pena di spendere troppe energie per un’etichetta, facciamolo e basta, ognuno a suo modo, ognuno con i propri traguardi. Alcuni lo chiamano esame di coscienza, nella preghiera della serenità si dice:

Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza”.

Leggere la Bibbia

Si possono cercare risposte nella fede

Potrebbe essere un buon principio guida. Un’altra regola basilare è precisamente democratica: nei nostri processi cognitivi e decisionali entrano in gioco tre facoltà: la mente (logica), il cuore (sentimenti) e la pancia (istinti). Si devono ascoltare tutte e tre per capire cosa ne pensano di una certa decisione, e poi accettare quanto dispone la maggioranza: due contro uno, in qualsiasi combinazione. Se sono tutti e tre discordi, la domanda non è ancora chiara dentro di noi.

Stabilite le regole, per passare all’azione, cerco un posto tranquillo, non necessariamente fisico, e vado con calma a ritroso, all’inizio del 2021. Cerco allora di capire cosa ho portato con me di inutile, cosa ho lasciato andare in questo anno e cosa invece ho raccolto e conservato con cura. È un processo lungo, non solo perché intrinsecamente complesso, ma anche perché tendiamo a dirci le bugie, falsificare la realtà, rimodellarla secondo i nostri bisogni narcisistici, egotistici, sull’onda dell’orgoglio, in base ai nostri pregiudizi, ai giudizi degli altri, o a quei giudizi che sentiamo costantemente, ma non sappiamo come sono finiti nella nostra testa, che sono davvero, davvero molto tenaci. Questa è la prima nebbia da far evaporare e avere davanti una visione limpida della nostra realtà. Ascoltatevi, quella voce dentro di voi lo sa sempre quando mentite.

Un ulteriore passo è non avere paura del buio e del silenzio (almeno così è stato per me), e mettersi invece in allerta per afferrare pensieri, sensazioni che attraversano la mente e l’anima.

Dopodiché c’è un’altra difficoltà da superare, almeno che io ho dovuto superare: il timore di scoprire, in assoluto, o con un oggetto: scoprire parti brutte di noi, di non essere affatto quella persona talentuosa che credevamo di essere, ma anche scoprire di essere bravi, intelligenti, dei geni, degli artisti. Pure questo può far paura, mi ha fatto paura, si teme di ferire gli altri, di farli sentire inadeguati, di apparire presuntuosi, ma con un po’ di allenamento, si può procedere.

scrivere sulla sabbia

Scrivere sulla sabbia

Non sempre ho voglia di scrivere le mie riflessioni, talvolta prendo nota delle intuizioni, ma sono così poco organizzata quando viaggio con la mente che posso scrivere ovunque: foglietto di carta, quaderno, margine di un libro, smartphone, veramente dappertutto; quindi, è chiaro che è come se li scrivessi sula sabbia. Credo di aver capito perché lo faccio: è un po’ come fanno i monaci che, creando i mandala, ci mostrano un’importante lezione, tutto è impermanente; di conseguenza, è inutile scrivere un’intuizione oggi e usarla fra, poni, due mesi, nel frattempo l’acqua o il vento ha già spazzato via tutto. Lasciamola sedimentare, che trovi la sua collocazione.

Meglio procedere nel flusso, avere il coraggio di affrontarlo, di non resistere, e vedere cosa accade.

Quest’anno ne sono uscita scorticata, ho sbattuto contro avversità, sofferenze grandi come macigni, mi sono sentita ballonzolata tra le pietre, come quando si è catturati dall’onda, e il flusso era così furibondo che mi ha spazzato, facendomi rotolare, incurante dei rovi, dei dislivelli, delle buche. E come uscivo da un anfratto, il tempo di tirare un respiro, e già ero all’ingresso di un altro aspro tunnel.

Ma tant’è, sono arrivata fin qui, alla fatidica fine di dicembre. L’atmosfera di rallentamento, di festa che c’è in questi giorni mi concede di rannicchiarmi su me stessa, così cerco di trovare un punto fermo o due nello scorrere della vita.

Purtroppo, scopro che 1.  non ci può essere nessun punto fermo, 2.  i successi più importanti non posso misurarli, neanche descrivere, ma solo sentirli sulla pelle, nella pancia e nella mente e nel cuore.

È esclusivamente dopo questo travagliato periodo di osservazione che mi sento di scrivere, e lo faccio in libertà, come la scrittura automatica, una sorta di monologo interiore, destinato solo a me stessa, che si manifesta nel momento in cui lo scrivo e si comunica così alla mia parte più intima e nascosta, senza bisogno che debba insegnarglielo io. Tutto si ricompone in armonia da solo, non esige che me ne accorga, giacché mentre scrivo già sono cambiata, già la decisione si è formata dentro di me, già so di quanto sono più ricca, e di quanto più povera. MI dico allora che ciò che ho perso per strada, non serviva più, era superfluo, quindi non mi affanno a recuperalo, quello che ho guadagnato sono nuovi aspetti di me stessa che hanno deciso finalmente di rivelarsi. Guardo alle perdite profonde, e sento che niente è scomparso, invece, ma tutto si è conservato al sicuro, nel mio cuore.

Divinazione

Si possono cercare risposte nella divinazione

Si può anche registrare un diario vocale, qualsiasi metodo si confaccia a noi va bene.

Cosa potrei dimostrare? In questa materia niente, posso illustrarvi, come spero di aver fatto, dei modi di procedere, dai quali poter partire, ma il foglio bianco da riempire tocca a voi.

Sono convinta che il rapporto con la nostra interiorità non si possa insegnare, ma solo mostrare, aiutare a trovare e, semmai, dare più risposte possibili.

Quindi niente matematica, anzi, non perdiamo mai di vista quelle somme tutte sbagliate.

 

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